Spesso i Datori di Lavoro, volendo rimanere al passo coi tempi, estrapolano dai "Modelli di Gestione", parziali linee guida, credendo di fare il bene dell'azienda e dei propri dipendenti. Vediamo ad esempio il "Lean Manufacturing"(o Toyota Production System)
è un modello all'avanguardia e sicuramente funzionante se si applica
correttamente, ossia se si applicano tutti i suoi principi. E'
deleterio invece se si adottano parzialmente, o solo i cosidetti
"principi" (definire il valore dal
punto di vista del cliente; cosa il cliente è veramente disposto a
pagare; identificare il flusso di valore; identificare l'insieme di
azioni che portano a realizzare il prodotto o il servizio!...ecc.)
Sacrosanti pricipi, ma è come fare la paternale ai propri
collaboratori... "Fate bene il vostro Lavoro". In linea di massima
tutti dovremmo conoscere questi principi, ma applicarle alla propria
realtà lavorativa non è una teoria, ed ecco quindi che entrano in gioco
le "Tecniche Lean", che riporto integralmente: 1)Priorità
di presenza nelle aree delle postazioni; 2)Disposizione e ordine di ciò
che è ritenuto necessario; 3)Pulizia del posto di lavoro; 4)Utilizzo di
procedure operative standard; 5)Tensione
al continuo miglioramento, alimentata anche attraverso messaggi
positivi (spirito di appartenenza, ownership della postazione, premi
per performance). Senza mettere in secondo piano le altre
Tecniche, sulla "Tecnica" 5) vorrei soffermarmi per fare delle
considerazioni. La maggiorparte delle volte questa tecnica è disattesa
dai principali interessati alla loro applicazione:..Il Datore di Lavoro e di riflesso i Dirigenti!...Se ci pensiamo bene, i "messaggi positivi" sono la base per una collaborazione profiqua tra Preposto e Sottoposto!... certo non devono esserci fraintendimenti, il "Preposto" deve avere un ruolo Autorevole,
deve avere la solidità di una roccia e quando impartisce ordini li deve
fare con cognizione di causa, ma, se l'Autorevolezza ci deve essere
sempre, non è sempre positivo rapportarsi con toni "Autoritari", pena che il sottoposto non sentirà suo il lavoro che sta svolgendo e lo stesso ambiente di lavoro (spirito di appartenenza) di conseguenza non avrà la "padronanza della postazione". C'è oltrettutto un pericolo da non sottovalutare, lo "Stress"!...premesso che (come insegnano le linee Guida dello "Stresso lavoro correlato"), "Esiste
uno stress, a dosi accettabili, che ha effetti positivi sul nostro
organismo, consentendoci di reagire in modo efficace ed efficiente agli
stimoli esterni e di innescare un’adeguata soglia di attenzione verso
le esigenze dell’ambiente", le stesse linee citano: "...un’esposizione
prolungata a fattori stressogeni invece, può essere fonte di rischio
per la salute dell’individuo, sia di tipo psicologico che fisico,
riducendo l’efficienza sul lavoro".
Vorrei concludere con una citazione del Dott. Andrea Cirincione, Psicologo del Lavoro "...un
sintomo psicologico di strain può essere la modalità nevrotica con cui
la persona gestisce le problematiche lavorative -un sintomo
psicosociale di strain può essere la scarsa collaborazione tra colleghi
di ufficio. Va da sé che potrebbe essere l'organizzazione a essere
nevrotica, e in questo caso è bene dirlo entra in gioco la
responsabilità..." e dico la responsabilità del Datore di
lavoro e dei Dirigenti che hanno a cuore il proprio equilibrio
psicofisico e quello dei propri sottoposti, unico capitale che
può fruttare più delle proprie aspettative.
Da appunti personali Sicurezza Antonio Villirillo